Si dice che la meccanica newtoniana avesse riposto in un "angolino" il libero arbitrio dell'uomo, per via di una visione completamente determinista. Vorrei sapere in che ottica la nuova fisica guarda verso il problema dell'effettiva libertà dell'uomo nell'universo. Mi scuso se la domanda non è posta in maniera sufficientemente chiara. (Risponde Silvano Fuso)
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Quello del libero arbitrio è un problema spinoso sul quale hanno
discusso schiere di filosofi senza giungere, peraltro, ad alcuna
conclusione soddisfacente. Non ho quindi nessuna pretesa di
rispondere in modo adeguato alla difficile domanda che il lettore
pone. Mi limiterò ad alcune considerazioni che spero possano
essergli utili per chiarire un po' meglio il problema. Sintetizzando al massimo le diverse posizioni che hanno caratterizzato l'intera storia della filosofia, potremmo individuare due schieramenti. Per alcuni "libero arbitrio" significa sostanzialmente assenza di costrizioni. In altre parole un soggetto è libero quando non è indotto a una scelta in contrasto con quelle che sarebbero le sue preferenze. Per altri invece, per essere veramente liberi, occorre qualcosa di più. Sarebbe cioè necessaria anche la capacità di scegliere in contrasto con le proprie preferenze senza essere vincolati dal proprio carattere, dalle proprie aspirazioni e dalle circostanze in cui avviene la scelta. Questa seconda posizione è stata ben espressa da Schopenauer quando affermò che "l'uomo è libero di fare ciò che vuole, ma non di volere ciò che vuole". Entrambe le posizioni presentano non poche difficoltà. La scienza classica era fondamentalmente deterministica. Questa posizione deterministica è stata chiaramente espressa da Pierre-Simon de Laplace che nel suo Essai philosophique sur les probabilités del 1819, così scriveva:
Secondo il determinismo della fisica classica, la conoscenza
delle leggi e dei dati relativi ad un certo istante (condizioni
iniziali) consente di prevedere con assoluta certezza l'evoluzione
di un sistema. La fisica classica ritiene di conoscere le leggi e
ammette, almeno in linea di principio, che sia consentito conoscere
i dati. Molti fenomeni (quali il lancio di un dado) sono di fatto
imprevedibili a causa della mancata conoscenza delle condizioni
iniziali. Tuttavia essi diventerebbero perfettamente prevedibili nel
momento in cui si acquisisse tale conoscenza, concettualmente
possibile per la fisica classica. Condizioni iniziali differenti
produrranno differenti evoluzioni del sistema.
Inoltre anche all'interno della fisica classica sono noti da
tempo fenomeni la cui evoluzione è estremamente sensibile alle
condizioni iniziali (sistemi caotici). Per tali sistemi è
assolutamente impossibile prevederne l'evoluzione futura ed è quindi
impensabile muoversi in un'ottica propriamente deterministica. La fisica quantistica ha sferrato un colpo mortale alla visione
deterministica della fisica classica. Anche se è improprio
considerare la meccanica quantistica una teoria indeterministica. A
livello di singola funzione d'onda essa è, infatti, perfettamente
deterministica. Tuttavia, è la mancata conoscenza esatta dei dati
relativi alle condizioni iniziali (conseguenza del principio di
Heisenberg) che impedisce di prevedere esattamente i valori futuri
assunti dalle diverse grandezze fisiche che caratterizzano lo stato
di un sistema. Questa impossibilità ci obbliga a previsioni
esclusivamente di tipo statistico. Il fisico B. d'Espagnat, a questo
proposito, ha formulato nel modo seguente il principio di
determinismo statistico: "Se due insiemi statistici sono
sottoposti a trattamenti identici e se osservazioni successive
rivelano tra essi significative differenze statistiche, se ne trae
l'implicazione che i due insiemi non erano identici all'inizio".
Tuttavia anche ammettendo una prospettiva completamente indeterministica, in cui il caso regnasse sovrano, anche le nostre scelte sarebbero del tutto casuali. Posti di fronte a una alternativa la nostra scelta deriverebbe da una semplice fluttuazione quantica a livello neuronale e difficilmente potremmo considerarla frutto di ciò che chiamiamo libero arbitrio. Di conseguenza l'abbandono della concezione deterministica solo apparentemente sembra consentire uno spazio maggiore al libero arbitrio. Probabilmente quindi è la nozione stessa di libero arbitrio a
dover essere rivista. Il problema del libero arbitrio è in realtà un
insieme di tanti problemi non sempre facilmente individuabili.
Solamente una conoscenza più approfondita della mente umana potrà
far luce sulla questione. Dal punto di vista operativo è tuttavia
relativamente semplice stabilire se un individuo possiede o no
libero arbitrio: è sufficiente chiedersi se è possibile o no
prevedere esattamente le sue azioni. Sicuramente tale possibilità ci
è preclusa, sia in un universo deterministico che in uno
indetermininistico. Di conseguenza la categoria morale del libero
arbitrio sembra essere un'utile approssimazione con cui trattare il
comportamento umano. Attribuendo a noi stessi il libero arbitrio ci
comportiamo in maniera sostanzialmente analoga a quando attribuiamo
capacità "intenzionali", ad esempio, a un calcolatore che gioca a
scacchi. Siccome ci è impossibile prevedere, in base alla conoscenza
del suo programma o al funzionamento dei suoi circuiti integrati, le
mosse che esso compirà, ci rimane più semplice considerarlo come se
agisse in base a ragionamenti simili ai nostri, attribuendogli
addirittura "il desiderio di vincere". L'attribuzione si dimostra
efficace. Analogamente per decidere se accettare o meno l'ipotesi
del libero arbitrio è forse sufficiente valutare la sua efficacia,
indipendentemente dalla sua fondatezza teorica. Se vuoi raggiungere la nuda verità,
Prelevato nella sezione "chiedi all'esperto" del sito LA VIA LATTEA
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