Recensione di:
Umberto Bottazzini
Il "colore" e la
"durezza". Due concetti alla portata del senso comune, con i quali
David Albert denota in maniera convenzionale due proprietà fisiche
degli elettroni che la strumentazione contemporanea permette di
misurare con precisione. Sono svariate le proprietà misurabili dei
sistemi fisici che potrebbero servire altrettanto allo scopo, dice
Albert. Per esempio, il movimento angolare associato al moto
rotatorio dell'elettrone intorno a un asse passante per il suo
centro e orientato come l'asse x e, rispettivamente, l'asse y.
Quelle proprietà possono assumere soltanto due valori, diciamo
bianco o nero per il colore, duro o tenero per la durezza.
Con questa concessione al "senso comune", che si rivela tuttavia ben
presto illusoria, Albert prende le mosse nel suo racconto. Quella
che racconta è "una storia sconcertante, che ha per protagonisti gli
elettroni". Forse la più sconcertante emersa nel campo della fisica
dai tempi di Newton, e tuttavia una storia vera. Gli esperimenti
descritti sono stati effettivamente eseguiti, magari non tutti su
elettroni.
Talvolta sono stati utilizzati neutroni o atomi di argento. D'altra
parte, osserva Albert, "l'identità delle particelle risulterà del
tutto ininfluente ai nostri fini". Albert descrive esperimenti con
"scatole per il colore" e "scatole per la durezza", dispositivi
cioè, per misurare "colore" e "durezza" degli elettroni.
La conclusione che si trae dagli esperimenti è sconcertante. Occorre
riconoscere che la possibilità di affermare che "il colore di questo
elettrone in questo momento è questo, e la durezza di questo
elettrone, in questo stesso momento, è questa", sembra essere "al di
fuori della nostra portata". In altre parole, "grandezze fisiche
misurabili come il colore e la durezza sono dette "non compatibili"
poiché le misurazioni dell'una (per quanto ne sappiamo) di necessità
alterano l'altra".
Questi risultati sconcertanti sono manifestazioni del principio di
indeterminazione. Che si parli di "colore" o di "durezza" si ha solo
l'impressione di muoversi su un terreno familiare. In realtà Albert
descrive esperimenti che appaiono lontani dal "senso comune" (per
esempio mettere degli elettroni bianchi nella scatola per la durezza
e chiedere quale sarà il colore all'uscita), così come lo è la
conclusione che in quelle scatole gli elettroni fanno qualcosa che
"non è mai stato neppure immaginato prima". Sembra che per essi
siano disponibili "modi di essere, o modi di muoversi completamente
estranei a quanto siamo in grado di concettualizzare". A questa
"nuova modalità" i fisici hanno dato il nome di sovrapposizione,
"nulla più che un nome dato a qualcosa non comprendiamo", afferma
con tutta onestà Albert che insiste sul fatto che "le
sovrapposizioni sono situazioni straordinariamente misteriose".
È questo il principale elemento che distingue l'immagine del mondo
classica, alla portata del "senso comune" da quella della meccanica
quantistica. Dal concetto di sovrapposizione nascono gli
interrogativi che hanno accompagnato la meccanica quantistica dal
suo sorgere. "Un elettrone bianco non può essere né un elettrone
duro né uno tenero, e neppure (in qualche maniera) entrambe le cose
o nessuna delle due. Dire che un elettrone è bianco deve esattamente
equivalere a dire che è in una sovrapposizione dell'essere duro e
dell'essere tenero". E d'altra parte, l'esperienza dice che
qualsiasi misurazione di durezza fornisce il risultato "duro" oppure
"tenero". Dunque, "a quanto pare l'esito di una misurazione di
durezza effettuata su un elettrone bianco non può che essere una
questione di probabilità".
Non aiuta molto, tanto vale riconoscerlo, parlare di "colore" e
"durezza". Avremmo potuto chiamare le cose col loro nome. Senza
farci illusioni sul "senso comune". Per discutere, "in modo più
preciso e approfondito" di tutti questi problemi è necessario
infatti un apparato matematico adeguato. E il formalismo matematico
"che prevede in modo corretto tutti i comportamenti apparentemente
insondabili" dell'elettrone, e che Albert presenta in una
cinquantina di pagine dense di astratti concetti matematici e
fisici. Il formalismo matematico, al quale Richard Feymnan ha dato
un contributo determinante, consente di enunciare i principi della
meccanica quantistica, "il più preciso meccanismo mai escogitato per
prevedere i risultati di esperimenti condotti su sistemi fisici",
afferma Albert. "Non si è mai scoperta alcuna eccezione a tali
principi. E nessuno si aspetta che ve ne siano". Vi è un modo
standard di interpretarlo, riconducibile in sostanza a Niels Bohr,
secondo il quale "misurare il colore di un elettrone duro non
consiste nell'appurare quale sia il colore di quell'elettrone duro;
piuttosto consiste prima nel cambiare lo stato dell'elettrone
oggetto di misurazione in uno stato al quale sia applicabile il
predicato di colore ma non il predicato di durezza" (e questo è il
cosiddetto "collasso") "e poi nell'appurare il colore dello stato,
appena creato, che ammette ascrizioni di colore". I processi di
misurazione sono dunque processi "estremamente attivi", modificano
in modo drastico ciò che si misura.
Con la discussione degli argomenti proposti negli anni Trenta da
Einstein, Podolsky e Rosen per sfuggire alle difficoltà
dell'interpretazione standard della meccanica quantistica (argomenti
scalzati da Bell negli anni Sessanta) comincia la parte più corposa
(e difficile) del volume, dedicata all'esame del "che fare per il
problema della misurazione". Albert discute il concetto di "collasso
di funzione d'onda", compresa un'analisi approfondita dei più
recenti progressi, l'interpretazione "a molti mondi" della meccanica
quantistica, la teoria alternativa di de Broglie, Bohm e Bell.
Una lettura difficile ma stimolante, che val la pena di essere
intrapresa. Con un'avvertenza. Il lettore che si aspetta una
presentazione della meccanica quantistica accessibile al "senso
comune" rimarrà deluso. Anzi, alla fine si accorgerà quanto ne sia
lontana: Quantum mechanics and experience, suona il titolo inglese
originale. Forse meno accattivante, ma certo più coerente con il
contenuto. |